giovedì 23 settembre 2010

integrazione

Mattia è appena andato via dalla redazione. Primo punto: domani vuol stare all'asilo anche nel pomeriggio. E se la fai dentro? "Io la tengo". Che è già meglio di suo padre che a suo tempo, sempre all'asilo, al tempo dei tempi, fece quella trovata di farsela addosso (la cacca) in modo da essere mandato a casa., La cosa suscitò imitatori e il giorno dopo eravamo in tre ad avercela fatta addosso ed essere inviati verso Via Valle con il nostro carico pesante che ci scendeva giù per le gambe. Solo che al terzo giorno eravamo in quattro e allora mangiarono la foglia e fummo battezzati per bene in casa, più per la vergogna di aver attraversato il paese in quello stato che per la furbata, perché in realtà non scoprirono mai che era una strategia per tornare a casa.
Ho anche scoperto che si è fatto un amico, all'asilo. "Non è un amico, ci gioco". Ah ecco. E come si chiama? "Non lo so perché non capisco quello che dice e non lo capiscono nemmeno le maestre perché è straniero". Dev'essere uno dei tre bambini statunitensi che frequentano, mi ha raccontato uno, l'asilo. Ma mentre marocchini, rumeni ecc. parlano l'italiano, venendo dagli stati uniti si vede che loro parlano solo inglese. E come fate a capirvi? "Lui non capisce me e io non capisco lui". E allora? "Non dobbiamo mica parlare, dobbiamo solo giocare". E vai con l'integrazione.

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