sabato 23 aprile 2011

messa secca

Io e Mattia siamo andati ad assistere alla "messa secca" quella del venerdì santo. Erano anni che non tornavo per questa occasione. Ho avuto un po' di delusione rispetto alla cerimonia del vecchio rito romano. Certo, non c'era più la preghiera "et pro perfidis Judeis" ma la nuova formula in Italiano, più soft anche se non gradita. Il Passio recitato e l'unico momento, quello del "lumen Christi" con lo scoprimento della croce risalendo la navata della Chiesa. Gli altari spogli certo. Don Fiorenzo ci ha permesso di vedere il "sepolcro" posizionato non in un altare laterale, ma nella chiesetta della Confraternita del SS: Sacramento, quella che sulla facciata riporta l'ammonimento, "Hodie mihi, cras tibi", oggi a me, domani a te, nel senso dell'epilogo della morte. Mattia era incuriosito, è stato attentissimo a tutto, ha voluto sapere tutto, ma al momento che ci si è messi in fila per andare a baciare la croce si vergognava un po' ma poi è andato su. Un crocifissi modesto, niente a che vedete con la grande croce di Tavernola che dominava la navata. O forse ero piccolo io e vedevo tutto grande. La liturgia è rappresentazione, lo dice la parola, quindi teatro. Mattia però non tollera che sia morto, vuole subito arrivare alla resurrezione che gli pare cosa straordinaria, come i suoi supereroi che non muoiono mai. Si è divertito un mondo, con grandi risatine, al fatto che Pietro abbia mozzato l'orecchio a Malco, nell'orto degli ulivi. Insomma, è un sanguinario con l'esigenza del lieto fine.

giovedì 21 aprile 2011

foto vecchie

Mattia è stato qui tutto il pomeriggio, si è rifatto ai suoi punti di riferimento. Ha scritto in stampatello, ha scritto con le minuscole, cosa nuova, ha scritto al computer. Poi ha visto vecchie puntate di Zorro, ha giocato a pallavolo con me e poi ha voluto che gli leggessi pagine intere (quasi 10) de "Il piccolo alpino". Le altre volte la storia la raccontavo sfogliando le pagine, inventando anche perché non è che me la ricordo, ricordo solo che da piccolo la storia di questo bambino che perde i genitori nella bufera di neve e passa attraverso la guerra, vestito da alpino, ma ancora bambino, mi era piaciuta tantissimo. E l'avevo letta, quindi sapevo già leggere. Mio zio Don Pierì mi aveva dato il libro, lui che aveva fatto la grande guerra con i Lupi di Toscana, si trascinava una gamba nera dal ginocchio in giù con le schegge di una granata ancora nella carne, doveva fare bagni caldi perché gli doleva... La guerra. Ieri sera ero a Vigano a presentare un libro di uno scrittore milanese sui fatti della fascia adriatica nell'ultima guerra, l'esodo biblico di 300 mila persone dalle zone di Fiume e dintorni verso l'Italia, col risultato di sentirsi dare del fascista, ma poi anche le atrocità commesse dai nostri soldati, milizia ed esercito e la ritorsione delle foibe. Non la sapevo per niente, o per poco, questa storia. La guerra. Siamo in guerra ma non lo siamo, adesso, con la Libia. Meglio un racconto a salve. il bene e il male. Non se bene se rimane qualcosa. A me era rimasto. Poi si è scatenato sulle foto vecchie, non mi riconosce da giovane, non ci crede che ero io, che insegnavo, che insomma sono stato giovane. Ci crede invece alle foto di quando ero bambino. Ci dev'essere una risposta su questo credere e non credere a seconda dell'età. Per ora non la conosco.

mercoledì 20 aprile 2011

passione

La domenica delle Palme Mattia ha preso il suo ramo (altro che ramoscello) d'ulivo, un po' secco ma fa niente, orgoglioso, e l'ha portato in giro, anche in chiesa. Al momento del Passio, gli ho raccontato a bassa voce la storia della Passione, perché dal microfono non si sentiva bene e soprattutto leggevano le parti due donne (oltre al parroco) e non si capiva cosa dicevano. Sono contrario alla voce delle donne al microfono, o sono difettosi quelli di Sovere o proprio è la voce femminile che non dà il senso della tragedia. Mattia ha ascoltato la storia che gli raccontavo e poi ha detto: "Ma la sapevo già". Chi te l'ha raccontata? ho chiesto. E Lui. "Tu, un altro giorno". E lì ho capito che ho perso i colpi. Sono davvero vecchio.

sabato 16 aprile 2011

i cinque sensi

Fatto il record di presenze consecutive all'asilo (4 settimane filate) al sabato mattino, tramite sbalzo di temperatura, patapamfete, ecco tosse e un raffreddore boia che, visto il suo rifiuto a fare aerosol e inalazioni o prendere sciroppi, finirà per trasformarsi in otite. C'è stato un risvolto. Ha portato a casa i suoi "lavoretti". Trattasi di cicli di argomenti, che partono in genere da una favola e poi insegna cose attraverso un percorso anche a piccoli quiz o giochetti. L'ultimo era sui 5 sensi. Che Mattia ha elencato a voce senza battere ciglio, quasi come la decina in inglese che io non riesco proprio a mandare a memoria e lui si diverte a recitare sempre più velocemente. Poi, andando a vedere il "percorso" ho trovato due fogli in cui c'è scritto dalla maestra Roberta "incompleto". Gli ho chiesto perché ma lui è stato sul vago. Ma a sua madre ha confessato che si è rifiutato di finirli, perché la maestra glielo ha imposto. Infatti lì sui due piedi ha collegato il disegno degli odori col naso, dei sapori con la bocca ecc. (c'era appena una riga da tracciare). E' un testone, capita anche con me, se gli dico un po' rudemente di fare una cosa col cavolo, si impunta, se glielo chiedo con gentilezza la fa. Poi vuole essere un autodidatta a tutto tondo. Sta a guardare cosa fai e poi te lo ritrovi che fa un diritto tennistico che non ti aspetti o calcia al volo il pallone o scrive Mattia e Mamma velocemente. Ma guai a dirgli che deve andare a scuola per imparare. "Imparare per esempio che due più due fa quattro?". Un po' sorpreso, gli dico, "anche, ma ci sono altre cose...". "Che cinque più cinque fa dieci?". Allora mi sono infastidito e gli ho chiesto, va beh, allora dimmi cosa resta se faccio 10 meno 5. Lui si è guardato le mani e mi ha fregato. "Fa 5". Allora ero al limite dell'irritazione e gli ho detto. quanto fa 10 meno 4. Si è guardato le dita e ha detto. "Fa 6". Mi sono ricordato che anche noi alle elementari contavamo sulla punta delle dita. Del resto, tornando ai sensi, che senso ha avere le dita se poi non le usi per contare?

giovedì 14 aprile 2011

Papa e papà

Forse siamo al record. Negativo per questo blog che tra un impegno e l'altro fatico ad aggiornare, anche quando ne avrei voglia. Poi mi dimentico le frasi celebri, le uscite estemporanee di Mattia che matura ogni giorno, è appassionato ai suoi lavoretti, scrive il suo nome e anche "mamma" mentre è stato complicato fargli capire la differenza che fa un accento sulla a. E' capitato con "papà" che senza accento fa "Papa" (lo scrivo con la maiuscola così si capisce dove sta la differenza). Perché il Papa è quello che vedi in televisione la domenica (quando non è sui "cartoni" e la nonna gli fa sorbire la benedizione) e Papà sarei io tra i tanti. E' bello sentirsi chiamare papà. E' una sensazione che mi mancava e mi sarebbe mancata per sempre se aspettavo ancora un po'. Certi giorni mi sento vecchio, certi giorni mi sento arzillo e giochiamo al pallone sulla stradina e lui si diverte a farmi gol che poi la palla si avvia giù per Via Trento, discesa ripida, auto che arrivano. Mi tengo in forma. Stamattina ho fatto le analisi con prelievo di sangue, ero un po' andato a picche e gli ho detto, ma questo pomeriggio non credere che la palla la raggiungo la stesso, quando mi fai goal. Abbiamo contato le figurine mancanti sul suo album, sono 64 su 186. Ma adesso le bustine il giornalaio le deve fare arrivare e mi sa che le "doppie" si moltiplicheranno. Serve ricordare che trattasi dell'album di Ben10?

giovedì 7 aprile 2011

grosso sedere

Mattia va all'asilo da due settimane, se domani va bene sono tre filate. E ha solo un raffreddore. Non che ci vada volentieri. Da alcune mattine però gli faccio trovare nella mia tasca due pacchetti di figurine per il suo album su Ben10. A ieri ne aveva messe 69 con due soli doppioni. Stamattina la prima bustina l'ha incollata senza nemmeno un doppione. Michela, la direttrice, saputo dell'evento, gli ha detto che ha "un grosso sedere". E' seguita spiegazione. In realtà è magro e atletico e ieri abbiamo giocato finalmente al pallone. Con Checa c'è un conflitto generazionale, lei, che va per i 18 anni, non si è accorta che Mattia è cresciuto e non solo fisicamente e non sopporta di essere sballonzolato come un bambino. Ha ancora bisogno di "care", infatti quando può farlo senza darlo a vedere mi viene dietro e con la scusa della mia striscia nera di capelli sulla nuca, si diverte a toccarmi la faccia e la testa, poi si rannicchia vicino a me a leggere o guardare la Tv. Da questi momenti seguono altri momenti di furia agonistica.