domenica 28 dicembre 2008

gelata

Freddo polare o freddo cane, roba da 7-8 gradi sotto lo zero. Che poi lo zero mi sembra una convenzione, basata sulla nostra capacità di sopportazione (sì, va beh, la scienza è tutt'altra storia, ma l'umanesimo deve avere la libertà di reinterpretazione del mondo). Ieri Mattia girava con una paletta per spalare la neve che però era dura. Mi sono reso conto di come sia cambiato il mondo e sia cambiato io, che pure ho razzolato nella neve fin da piccolo e tutti i bambini del paese ci giocavano, mani fredde, gelate, che facevano un male boia e la consolazione di scongelarle sulla stufa, scarponcini non certo impermeabili, niente giacche a vento, solo maglioni di lana e berrette col fiocco fatte in casa e le nostre mamme (e tanto meno i padri) che sembravano non preoccuparsi per niente, tutta la frotta di figli che piombavano in cucina che suonavano le campane del mezzogiorno, il giorno della festa, dopo la messa alta. Ieri ero tentato di lasciarlo andare nella neve alta (alta per questi tempi) e chi se ne frega... Poi la paura, non si sa più se questi figli li alleviamo o li vogliamo fragili per darci un contegno, per mantenere un ruolo prolungato di padri e madri protettivi, rifugio vivente ed eterno (almeno "eterno" quanto può esserlo la vita, quindi quasi niente). Quanto più hanno bisogno di noi tanto più noi serviamo a qualcosa, il che, a rigore, vuol dire che per conto nostro serviamo a niente.

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