sabato 10 maggio 2008

alpini e girini

Gli alpini si radunano nella piazzetta pronti alla partenza per il raduno. C'è l'aria delle gite e pellegrinaggi di un tempo, questa mattina le mogli si sono alzate presto a preparare la sacca con dentro il minimo per la sopravvivenza, che di sicuro avevano la faccia compunta della rabbia inconfessata di qualcosa (qualcuno) che sfugge loro dalle grinfie, anche per poco, quell'aria compassionevole, della serie, non te la caverai mai senza di me, chissà come mi torni a casa che ci vorrà una settimana per rimetterti in sesto... Fedele all'immagine uno, mentre aspetta la corriera, si è portato il fiasco, forse l'ha comprato appena fuori dal raggio di controllo muliebre. Hanno l'aria degli eterni ragazzi che sono stati e dentro rimangono, pregustano due giorni di compagnia maschile, liberi dai sacri vincoli matrimoniali, come i ragazzi delle gite scolastiche che già pensano alla trasgressione che anche solo immaginata sembrava alla portata della realtà. O il gusto perduto di paese in trasferta, alla ricerca della comunità perduta, che alle volte era più divertente il viaggio della stessa meta, quando arrivavi già temevi la delusione, l'aspettativa e l'attesa valgono la festa, lo si sapeva dalle elementari, il sabato del villaggio lo si studiava a memoria e l'adolescenza è l'età più bella proprio perché ci si può aspettare il meglio, non ancora mortificati dall'aver visto cadere ben più che gli aquiloni...
Da Palermo partono anche i girini, nel senso dei corridori. Fatichiamo a pensarli come gli alpini, con l'aria da italiani in gita, come direbbe (canterebbe) Paolo Conte. Difficile che il giro si scrolli di dosso i sospetti. Non che una volta le cose andassero meglio, la simpamina non sappiamo bene cosa fosse ma se ne parlava senza scandalo, tra noi ragazzi che avevamo tutti una bicicletta e noi se ne aveva una in quattro (maschi) una Bianchi con manubrio piatto, che già sembrava di essere in corsa perenne che al paese uno saliva o scendeva, di piatto non c'era nemmeno il campo di calcio, che pendeva verso valle. Arrivare in cima a una salita era liberatorio che c'era uno (Kubler? mah, non mi ricordo bene) che arrivava in cima e lanciava un nitrito da cavallo e noi si ascoltava la radio dove tutto era epopea e noi, reduci da letture appassionate dell'Iliade (per star fuori dal Coppi e Bartali, Ettore ed Achille io tenevo a Diomede, eroe del canto V) avevamo i nostri "campioni" in esclusiva, e il mio, dopo Coppi, fu Gastone Nencini, poi Italo Zilioli e naturalmente Felice Gimondi. Un mio compagno teneva a Balmamion, per via che vinse due Giri di fila senza mai vincere una tappa e gli pareva miracoloso il fatto di vincere senza mai vincere...
Partono, c'è tempo per ricordare. E già questo però è brutto sintomo, quando il ricordo fa aggio sull'attesa.

1 commento:

michele ha detto...

bravo direttore, maggio è il mese della bicicletta, dei ricordi e delle ripartenze, le giornale lunghe sembrano poter permettere di fare tutto, sembrano dare nuove possibilità. Io non sono stato alpino,ho fatto l'obiettore e a maggio me ne andavo all'istituto dove prestavo servizio in bicicletta,intanto il giro è ripartito ma da quando non c'è più Pantani non sono più veri Giri. (anche se maggio da sempre speranza che arrivi uno come lui)