martedì 23 marzo 2010

randagi

Mattia qui in redazione si sente a casa sua, guarda film, costruisce, scrive al computer, "legge" la Bibbia, corre, gioca a bocce, al pallone, va su e giù a scocciare (anche nel senso della carta adesiva) un po' tutti. Ma è il sabato e la domenica che si sente veramente padrone del campo. E tutti con la solfa del "vai all'asilo" come se un bambino non facesse altro e lui che minaccia di ammalarsi solo a sentirne parlare. Ieri è sfuggito alla nonna e ha attraversato di colpo la strada. Grande spavento e lui a ridere. Come si fa a fargli percepire il pericolo? Mica bisogna aspettare che picchi davvero la testa o venga investito, no? Ogni volta frugo nei miei ricordi e sono sempre terribilmente datati. Alla sua età al mio paese c'erano al massimo tre auto. Quando passava la corriera era a orario fisso, andavamo ad aspettarla per vedere se arrivava qualcuno, chiunque fosse era importante che arrivasse o tornasse. Pur di salire su un camion (un "leoncino") aspettavamo mio zio Attilio al Santello, all'ingresso del paese, per fare mezzo chilometro sul cassone, che ci sentivamo al centro di un'avventura. Adesso appena metti piedi giù dal marciapiedi rischi di rimanere azzoppato. Come faccio, non c'è progressione nell'avvertire e far avvertire i pericoli di finire come i gatti randagi.

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