Comunque sia, per Mattia, riporto anche qui la poesia di Giovanni Pascoli (lo scrivo col nome perché mi è già successo a scuola che un ragazzo, di fronte alla "Via Pascoli" dicesse che si chiamava così perché portava ai prati.
In questi giorni di
pioggia, aspettando il sole che in tutta evidenza sorge ancora, una poesia
sulla Befana (scritta nel 1897) di diversi livelli di lettura, per bambini e
per vecchi (non fosse che nei ricordi di scuola) ma ben più profonda
dell’apparenza di una lettura da filastrocca. E’, ovvio, di Giovanni Pascoli,
poeta troppo banalizzato. Una Befana stanca e perplessa nella distribuzione dei
doni (non suoi), che prende atto dell’ingiustizia umana con le mani al petto in
croce come usavano dire a noi bambini perché la notte non cadessimo in
tentazione, ma la sua voce è solo il vento e ascolta quello stropiccio di una
mamma sorridente nella villa e quell’altra che invece ha solo un sospiro lungo
e fioco guardando quei tre zoccoli consunti (chiedete ai nonni e vi
racconteranno degli zoccoli). La Befana vede e sente e fugge, scappa, non può
farci niente, la sua notte finisce nell’aurora e sulla terra c’è chi piange e
c’è chi ride e la Befana “ha nuvoli alla fronte”. Non è a lei che tocca porre
rimedio.
LA BEFANA
Viene viene la Befana
vien dai monti a notte
fonda.
Come è stanca!
la circonda
neve,
gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in
croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in
croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più
lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa
villa?
uno stropiccio leggiero.
Tutto è cheto, tutto è
nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa
villa?
Guarda e guarda...tre
lettini
con tre bimbi a nanna,
buoni.
Guarda e guarda...ai
capitoni
c’è tre calze lunghe e
fini.
Oh! tre calze e tre
lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? chi mai
scende?
Co’ suoi doni mamma è
scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è
scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e
s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni
finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda... tre
strapunti
con tre bimbi a nanna,
buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre
strapunti...
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in
fila...
veglia e piange, piange e
fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è
l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che
vide:
c’è chi piange e c’è chi
ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco
monte.
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