martedì 14 luglio 2009

sospir

Pomeriggio e sera con Mattia che parla a raffica, inizia lunghi ragionamenti che poi lascia a metà, inciampando nella logica e ricorrendo al vecchio trucco del non sense. Si fa risate fragorose e si blocca in un silenzio riluttante di fronte alle persone che incontriamo, non obbedisce (solo a... stomaco e se stesso) quando gli si dice di salutare o ringraziare, che poi la Placidia e le sue mentine sono un rito e l'anziana Romita del Santuario nemmeno se la prende. Mattia ha fatto il percorso sul sagrato in bici andando a destra e sinistra a comando fin che si è annoiato e ha fatto finta di andare al contrario, ridendo felice della trasgressione agli ordini paterni. Ci lasciamo con fatica, abbiamo bisogno l'uno dell'altro e nemmeno fatichiamo ad ammetterlo. L'assenza produce bisogno e nuova attesa. Ha imparato qualche espressione sbrigativa (eufemismo). Il problema è come riprenderlo quando poi le stesse espressioni le sente da me anche se genericamente riferite a qualcosa che ho sbagliato: va bene, lo dico, "vai a cagare" non è riferito a nessuno, lo dico quando mi sono dimenticato qualcosa, ma come faccio a spiegarlo a Mattia che adesso lo usa allo stesso modo, non riferito a qualcuno in particolare, ma buttato lì nel vento, che evidentemente "rapisce degli uomini" ben più che i "sospir"? Si è lasciato lavare i capelli da me, in previsione di un'uscita serale a una festa che poi abbiamo verificato che non c'era più. Non ha detto niente, ma si era vestito al meglio per una serata fuori porta (di casa). Fa caldo e lui parla di neve, che poi quando c'era la neve voleva la primavera, non avendo ancora il retrogusto di godersi ogni stagione come fosse una delle ultime, ma solo una delle prime.

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