mercoledì 30 giugno 2010
battaglia
Ieri giornata campale. Io e Mattia abbiamo parlato a lungo sul problema della settimana, forse del mese, temevo fosse dell'anno. Problema esistenziale. Cioè lavaggio dei capelli. Dopo aver inscenato un terrorismo psicologico di bassa tacca (della serie: perderai tutti i capelli, sarai pelato) di cui mi vergogno molto ma poi me ne frego, ecco che si è arrivati ad altro tipo di terrorismo di appena una tacca superiore: non ti guarderanno più nè la Checa, nè Giovanna la fiamma, nè la Sara con la sua duetto, nè la zia Caty. Su quest'ultima Mattia è rimasto perplesso, mica ha mai pensato alla zia Caty in quel senso. Non mi sono subito accorto dell'errore che ho rincarato con Luciana, figurarsi. Al bar, mentre si mangiava il gelato, ho cercato di coinvolgere la Giovanna che però ha capito tone per bilone, vale a dire che volevo si tagliasse i capelli, "no, non sono d'accordo". Io, che avevo parlato di lavarsi i capelli, sono rimasto lì come un baccalà, insomma mi è mancata la spalla. Poi mi ha spiegato l'equivoco ma Mattia aveva già capito tutto. Col cavolo che si lasciava lavare i capelli. Allora l'ho preso di peso, l'ho trascinato vicino alla vasca, nemmeno gli ho tolto la maglietta, gli ho messo una salviettona al collo e vai con l'acqua, che ho girato sul settore doccia. La prima lavata è anche andata bene, così come lo schampoo ("quasi quasi mi faccio uno schampoo" alla Gaber). E' stato il risciacquo il disastro. Mi è sfuggito, la salviettona è precipitava nella vasca, il rubinetto doccia mi si è rivoltato contro, ci ha centrato in pieno, l'ho recuperato ma intanto mi era sfuggito Mattia, ho ripreso Mattia e riperso il rubinetto doccia, altra lavata, finalmente, un po' a caso, un po' a pioggia, lavaggio finale con Mattia che gridava, dammi una salvietta, dammi una salvietta e io che non trovavo più niente di asciutto, pescavo qua e là stracci e zerbini, maglie e magliette. Poi è stato silenzio. Fine della battaglia. Mattia che si lascia asciugare, cambiare, pettinare, soddisfattissimo di se stesso, che guarda suo padre sottecchi per vedere fino a che punto è incazzato per le braghe e la maglia andate a male, fradicie e inservibili, da non portare in giro caso mai qualcuno pensi che mi sia scivolato il pannolone.
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