giovedì 11 giugno 2009
abbracciamenti
Due giorni d'inferno, da notti prima degli esami a cercare di fare un numero di giornale con tutti i consigli comunali, nomi e foto, curiosità, ribaltoni. "Perché hai lavorato tanto?", mi ha chiesto Mattia ieri pomeriggio. Boh, per fare un bel giornale. "Ah", ha detto Mattia, lasciando lì sul più bello la discussione. Abbiamo costruito due torri "perfette", abbiamo fatto un giro sul prato del santuario, poi siamo andati in Capri (è un posto su in alto) a mangiare ciliegie, a liberare per un po' Stelvio, il cane, che si è divertito a spintonare Mattia che adesso non ha più paura, per la serie "Bisogna aver paura degli uomini, non dei cani", come sentenziò in una notte, probabilmente di sbronza, il mio amico Giampiero. Gli ho raccontato la favola del corvo di Mizzaro, mi è venuta per un'allusione a un campanellino. Gli ho addolcito un po' il finale che sarebbe tragico, con la rivincita del corvo dispettoso e ladro di merende. Ad un certo punto mi ha... svegliato, la favola degenerava nel sogno, mi ero addormentato. Sull'amaca si è tuffato su di me, scuse di abbracciamenti, come per salire in fretta le scale e sento che lui mi si attacca addosso, ha sempre paura che stia per andarmene. Con mio padre, e tanto meno con mia madre, non ho mai avuto esperienze di abbracciamenti (che sono sempre meglio dei "respingimenti") al tempo non usava, sembrava sconveniente. Nemmeno baci che sembravano cose da donne che infatti quando si incontrano si baciano, anzi, fanno finta di baciarsi (se ne guardano bene, conoscono le reciproche esigenze di fondotinta e affini). Con Mattia ci abbracciamo, siamo contenti. Sull'amaca abbiamo navigato incontrando vascelli pirata, battelli e navi in mare aperto, piccoli Ulisse crescono.
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